sabato 26 ottobre 2013

In che modo si fa la Storia


Ci hanno sempre insegnato che la Storia o la guardi o la scrivi. Guardarla è sempre stato più facile, ammirare quei campioni che superavano quei loro limiti e imponevano quelle loro gesta indelebilmente. Guardarla è sempre stato troppo facile, perché guardando era come se partecipassimo di quell'impresa, perché potevamo dire <<io c'ero>>, ma in realtà non era la stessa cosa. Scriverla, è ben diverso. Ma come si scrive la Storia? Ci hanno anche insegnato che la Storia la fanno i vincenti. Allora forse il segreto è continuare a vincere. Forse il segreto è lottare, mettersi in gioco, andare al di là di quello che crediamo di noi stessi. E anche quando si perde, guardare avanti, verso una nuova vittoria. E allora forse, per vincere, bisogna scegliersi un buon team: un ideale per il quale lottare, una causa a cui fare riferimento e un motivo per andare avanti. Solo mettendo insieme questi elementi (la voglia,la perseveranza,le motivazioni), solo allora, si può fare la Storia. Nel tennis vale lo stesso, lasci un segno solo se lo vuoi davvero, solo se continui a volerlo. Ogni 15, ogni palla break, ogni ace o vincente sai che contribuiranno al tuo scopo, e stringi il pugnetto e gridi "vamos!" e di nuovo ti rimetti in posizione, a lottare di nuovo. Perché fare la Storia nel tennis vuol dire lottare. Lottare contro gli altri, perché ognuno vuole l'impresa. Lottare contro te stesso, perché non sai fino a che punto riuscirai a spingerti. Ma alla fine della scalata guardi indietro, guardi ai trofei che hai vinto, ai riconoscimenti attribuiti, alle lotte vinte e a quelle perse,alla montagna della tua carriera e solo allora ti accorgi se hai fatto la Storia o no. C'è chi sicuramente ce l'ha fatta. Althea Gibson fu la prima tennista di colore a vincere Wimbledon (1957 Gibson-Hard 6-3 6-2), è anche grazie a lei che Serena Williams è la tennista che è oggi. Martina Navratilova fu la prima tennista a dichiararsi lesbica (1981), divenendo così un modello per la comunità omosessuale e non, sebbene si attirò le antipatie della comunità conservatrice, in particolare quelle di Margaret Court, regina australiana del tennis femminile. Billie Jean King entrò di diritto nella storia per la sua lotta per i diritti delle donne nel tennis, arrivando addirittura a vincere la più famosa tra le battaglie dei sessi contro Bobby Riggs; a lei tutte le tenniste moderne devono l'adeguamento dei montepremi dei tornei femminili. C'è anche la nostra Francesca Schiavone, che è stata l'unica italiana ad aver vinto un titolo del Grande Slam (2010). Ed da oggi dobbiamo inserire in questa lista di campionesse e gran donne un altro personaggio: Li Na. Lei che aveva già fatto la Storia, nel 2011, vincendo il primo titolo Slam da parte di un'asiatica (il Roland Garros). Oggi si è ripetuta, con tutt'altro match, in tutt'altra competizione. Siamo ad Istanbul ai WTA Championships, e Li Na ha battuto 6-4 6-2 Petra Kvitova nelle semifinali. Con questa vittoria la cinese abbatte un record: diventa la n°3 del circuito dietro alla Williams e la Azarenka, cosa che non era mai capitata ad una tennista orientale, divenendo l'asiatica più forte di sempre. Lei che è amatissima nel suo paese, che sognava di poter raggiungere questo traguardo e ora farà sognare anche la sua nazione. E chissà ora dove potrà arrivare Li Na, e chissà le nuove generazioni se non guardino alla loro eroina come modello di ispirazione, se non provino ad imitarla. Chissà se ora si sarà aperto un nuovo capitolo della storia del tennis asiatico, che Li Na non abbia fatto da apripista ad un movimento in futura crescita. L'unica cosa certa è che oggi la Storia è stata scritta, ed anche se conta poco, io c'ero.

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